Il servizio del tg5 prendeva spunto da questo articoli:
depressione attraverso le note d'autore: è la scanzonata proposta del libro
«Una lacrima sul viso». Per ogni brano ci sono un'analisi psicologica e un
antidoto efficace » Soffrite? Curatevi così
«Conoscete per caso una ragazza di Roma/ la cui faccia ricorda il crollo di
una diga?».
Se non la conoscete, vuol dire che Francesco De Gregori ha delle amiche
strane, ma soprattutto che questo articolo non fa per voi. Troppo drastico?
Allora avete diritto a una prova di riserva. Ascoltate: «Questa di Marinella
è la storia veraa/ che si gettò nel fiume a primaveraa...». È la celebre
Canzone di Marinella di Fabrizio De André, «uno dei momenti di massima
perfezione della canzone depressiva italiana».
Se non sentite un groppo serrarvi la gola e un'indefinita mestizia
pervadervi l'animo, vuol dire che siete tipi coriacei.
Oppure appartenete alla schiera degli inguaribili ottimisti.
Confessatelo: siete fan di Max Pezzali, o dei vecchi Righeira. Ma pure loro,
a furia di Vamos a la playa, si sono ritrovati in braghe di tela, arrivando
a piangere miseria: No tengo dinero.
Perché, alla fine, la sfiga è sempre dietro l'angolo. Se non sono i soldi
che mancano, è la ragazza che ti pianta, oppure muore in un incidente, o ti
tradisce con il migliore amico, che a sua volta schiatta per overdose.
Parola della canzone italiana al gran completo.
Lo testimonia Una lacrima sul viso di Paola Maraone e Paolo Madeddu, in
uscita da Kowalski con prefazione del dj universale Linus. Sottotitolo:
«Come guarire i mali del cuore attraverso l'ascolto omeopatico delle 50
canzoni più deprimenti del pop italiano».
Gli autori non si sono infatti limitati a censire il meglio della tetraggine
canora, ma l'hanno anche opportunamente psicoanalizzato e ce lo propinano
con tanto di antidoto, ovvero il contrappeso, per ciascun brano, di un altro
che ne attutisca l'impatto maniaco-depressivo, trasformandolo in quella
modica quantità di malinconia per uso personale che neppure l'inasprimento
della legge sulle tossicodipendenze è in grado di criminalizzare.
Certo, si può eccepire su taluni consigli medici. E dubitare dell'effettivo
valore terapeutico che potrebbe avere Zucchero, il Cocker italiano, non in
senso cinofilo ma nel senso di Joe Cocker, quando sbraita roba del tipo:
«Funky gallo, come sono bello stamattina! Non c'è più la mia morosa, e sono
più leggero d'una piuma» (Per colpa di chi). Come se non avesse anche lui i
suoi momenti neri.
Eccole qui, dunque, le canzoni del nostro scontento, come le avrebbe
chiamate William Shakespeare, il gran Mogol dei parolieri antiqui.
«Buongiorno tristezza, amica della mia malinconia» gorgheggia negli anni
Cinquanta Claudio Villa, il reuccio comunista della canzone, su musica di
Mario Ruccione, l'autore di Faccetta nera, dimostrando che la depressione
non conosce barriere politiche. «E adesso andate via./ Voglio restare solo
con la malinconia» intima all'uno e all'altro Massimo Ranieri in Perdere
l'amore. «Che anno è? Che giorno è?» si chiede rauco e smarrito Lucio
Battisti nei Giardini di marzo. La diagnosi dei due antologisti, condotta
partendo da Lutto e melanconia (1917) di Sigmund Freud, è impietosa:
«Abbattimento, cessazione dell'interesse per il mondo esterno», nonché
«perdita della capacità di amare, diminuzione della considerazione di sé»,
fino all'insorgere dell'impulso suicida.
Se volete risollevarvi il morale, Francesco Guccini non fa per voi: tra i
bambini di Auschwitz «passati per un camino» e il ferroviere proletario che
si schianta con la Locomotiva dell'omonima canzone, non c'è da stare
allegri. Ma il primato del magone gucciniano spetta a Canzone per un'amica,
scritta «in morte di S. F.» per un incidente stradale.
Ricordate? «Lunga e diritta correva la stradaa/ l'auto veloce correvaaa».
L'ideale da cantare in viaggio, toccando ferro. Ferro chi, Tiziano? Ma no,
col suo Sere nere è anche lui lamentoso e pessimista quanto basta.
E Fiorella Mannoia? Maraone e Madeddu se la cavano con una battuta: «La
cantante che meritava l'apostrofo». M'annoia, insomma.
Testi alla mano, del resto, la canzone italiana si conferma inesorabilmente
incline alla lagna: da Claudio Baglioni, soprannominato «Agonia»,
all'Eugenio Finardi di Extraterrestre (diagnosi: disturbo schizotipico della
personalità); dai simulati abissi ermeneutici di Lucio Dalla in Com'è
profondo il mare alle Luci a San Siro di Roberto Vecchioni; da Biagio
Antonacci a chi vorrebbe cantare come Biagio Antonacci.
Dai Gemelli DiVersi fino al serafico Marco Masini che in Bella stronza osa
il seguente verseggiare pallido e assorto: «Se Dio ti ha fatto bella come un
ramo di ciliegio/ tu non puoi amare un tarlo: tu commetti un sacrilegio».
Roba da far inorridire persino i sorcini di Renato Zero, qui in svendita
(«Mi vendooo») col suo mesto Carrozzone. E Riccardo Cocciante, allora?
Nell'ambigua attesa di rinascere «cervo a primavera», l'«hobbit della
canzone italiana» così ci rallegra: «A mano a mano mi perdi e ti perdo, e
quello che è stato ci sembra più assurdo» (A mano a mano).
SE IO SE LEI di Biagio Antonacci: "Chissà sotto quale cielo stai facendo
bene l'amore".
Diagnosi: mancata elaborazione del lutto
Tu chiamale, se vuoi, depressioni. Roba che viene da lontano.
Una tristezza canora più antica del «ciao ciao bambina» di Piove, più
sdrucita del memorabile Vecchio frac di Mimmo Modugno, ispirato al suicidio
d'un certo conte Fraggia.
Più granitica persino dei Sassi «che il mare ha consumato/ come le mie
parole d'amore per te», alla cui monolitica espressività aspirava Gino Paoli
con occhiali neri e nero maglione da esistenzialista.
Sarà anche vero che sono solo canzonette, come si sgolava a spiegarci
Edoardo Bennato, qui infilzato dallo spillone entomologico dei due
antologisti per lo «stuzzicante clima da requiem» di Un giorno credi.
Ma queste voci si portano dentro un pigolio dell'animo che proviene dal
melodramma, scende a cascata dai castrati del Settecento fino ai cantanti
napoletani, mescola l'effetto tremolo di Sergio Bruni ai falsetti di Pino
Daniele, le vocine beat anni Sessanta di Rokes ed Equipe 84 al vocione di
Luciano Pavarotti che canta Gelida manina e, al termine d'una malattia, così
idealmente singhiozza: «Nicoletta (la seconda moglie, ndr) mi è stata vicina
giorno e notte. Mi leggeva Guareschi e piangevamo insieme».
Sì, Giovannino Guareschi, proprio quello di Don Camillo e Peppone: uno
scrittore comico con un fondo patetico, che ben s'addice al paese del
melodramma.
Chianto e risate, risate e chianto. Soprattutto quest'ultimo. «Da una
lacrima sul visou/ ho capito molte cosee» cantava Bobby Solo imitando Elvis
Presley, che a sua volta imitava in anticipo Pino Daniele, cantando in
inglese 'O sole mio (It's now or never).
Ma proprio Una lacrima sul viso brilla per la sua assenza dal libro che le
ha scippato il titolo, forse perché non parla d'un amore che muore, bensì
d'un amore che rinasce. E a quello, si sa, non ci sono antidoti (da
panorama)
Le canzoni più deprimenti della nostra vita
Sono 50 secondo «Una lacrima sul viso», libro di due giornalisti musicofili.
Un manuale di self-help con tanto di test finale STRUMENTI
di Maria Laura Rodotà
PREMESSA. Durante la lettura del libro-stesura del pezzo, chi scrive ha
dovuto mangiare due Cuccioloni Algida per reggere lo strazio nel ritrovare
certi versi ("Fragile" di Fiorella Mannoia ha richiesto un intero
Cucciolone, quello con le gocce di cioccolato). Però ne è valsa la pena. Per
le molte considerazioni illuminanti: "La solitudine" è il Giampiero Galeazzi
della canzone depressiva: anche volendo non la si può ignorare"; "Gino Paoli
è nato a Monfalcone, provincia di Gorizia -ma con una simile tirchieria
compositiva è inevitabile che tutti lo credano genovese". E per l'ottimismo
degli autori: "Credeteci: si può uscire persino da "Uomini soli" dei Pooh".
Vabbè, forse qui si esagera.
PREMESSA 2. Alcune delle canzoni esaminate nel libro in questo pezzo non
sono citate, sempre per colpa di chi scrive. Chi scrive, insomma io, ritiene
che detti brani le portino una sfiga micidiale (le canzoni, attenzione, non
i cantanti; a me per dire Marco Masini porta benissimo). Le disamine sono
però, a detta di lettori meno superstiziosi, ricche di stimoli emotivi e
culturali. Ma andiamo avanti sennò ci si perde.
SVOLGIMENTO. Esce oggi un libro su "come guarire i mali del cuore attraverso
l'ascolto omeopatico delle 50 canzoni più deprimenti del pop italiano". Si
intitola Una lacrima sul viso (e come altro), l'hanno scritto due
giornalisti musicofili nonché palesemente esperti di guai sentimentali,
Paola Maraone e Paolo Madeddu, lo pubblica Kowalski. E' un commentario
storico-strano-da ridere sulla nostra musica pop, un manuale di self-help
basato sulla psicologia comportamentale, un gioco di società da fare con gli
amici scoprendo le proprie turbe grazie al test finale. Ad ogni canzone
deprimente è dedicato un capitolo: storia e considerazione su canzone e
autore/i, diagnosi del disturbo depressivo, terapia suggerita. Generalmente
consistente in contro-canzoni che tirino su il morale; a
volte -omeopaticamente- dello stesso cantante, altre volte opposte e
rallegranti.
STRAZI. Maraone & Madeddu forniscono elementi per la decostruzione del
dolore. Esempio: quando ascoltiamo Marinella di De Andrè, "per tutta la
canzone stiamo seguendo un carro funebre". Quando "Fragile" di Mannoia è
giunta fino all'aldilà, "Edgar Allan Poe, sulla sua nuvola circondata da
corvi, avrà avuto un brivido di piacere". "I giardini di marzo"
(Battisti-Mogol) è un "grande ottovolante dell'angoscia". "La donna cannone"
è apparentemente consolatoria, però De Gregari "canta come un'alpaca, mentre
la donna cannone al massimo finirà seduta davanti ai gabinetti di un
autogrill". In "Ma che freddo fa" di Nada "il freddo della canzone nasce
come angoscia esistenziale e diventa condizione atmosferica". "Dimmi che non
vuoi morire" di Patty Pravo ha un plot cupamente realistico: "lui se la sta
scialando alla grande, con te, la moglie e forse qualche escort". Mamma mia.
Gli autori giustamente suggeriscono di curarsi con "La donna d'inverno" di
Paolo Conte. "E' meglio", d'inverno, la donna.
TERAPIE. Sono, si diceva, variate. Per non uscire in cerca di Prozac dopo
"Amore che vieni, amore che vai di De Andrè, si consigliano "Gocce di
memoria" di Giorgia (oppure un'invocazione a santo Stefano). Per reagire a
"Ricordati di me" di Antonello Venditti si può piombare a casa di una
persona cara sgolandosi in "Ci vorrebbe un amico". La straziante "Poster" di
Claudio Baglioni andrebbe curata con "Andamento lento" di Tullio De Piscopo
("Show me show me the way, oh oh!"). Si attendono i risultati degli
esperimenti su cavie umane.
DISSENSI. Ma davvero "Gli anni" (883) andava inserita nelle 50 più
deprimenti? Per un paio di generazioni forse non lo è; ci si esalta a
ricordare "gli anni di Happy Days e di Ralph Malph, gli anni delle immense
compagnie, gli anni in motorino sempre in due", c'erano bei momenti. E poi:
"Bella stronza" di Masini più che deprimere stimola: sane e magari
catartiche incazzature nei maschi piantati, e soprattutto fantasie di
rivalsa femminili su fidanzati disattenti: mica male farsi vedere in giro
"per alberghi e ristoranti/con il culo sul Ferrari di quell'essere
arrogante" (chissenefrega se è arrogante, almeno non porta a cena da
qualche cinese abbordabile ma traboccante glutammato, ndr). In più, il
piantato vorrebbe riappropriarsi della stronza e farci sesso "finchè viene
domattina", il che dopo una cena leggera con un buon millesimato offerta in
precedenza dall'Altro arrogante si può reggere, e non è male. E così via
(anche Come è profondo il mare di Dalla è improbabile ma suggestiva; mentre
Uomini soli dei Pooh è iper-straziante ma richiede una doverosa protesta
redazionale: questi solissimi sono sempre perduti nel Corriere della sera, e
francamente ci sono giornali più deprimenti perfino da noi).
IL TEST. Il test è divertentissimo, argomento permettendo. E' su tre
colonne: in una si individua il proprio disturbo (perdita dell'amore,
panico, ombrosa disperazione, intensa rabbia, disillusione, ecc.); nella
seconda si deduce "probabilmente soffri di" (sindrome di abbandono,
depressione schizoide, lutto e melanconia, ma anche "sei un bietolone");
nella terza si individua la canzone deprimente del caso. Si può fare da
soli, ovvio; ma è meglio farlo con accanto un amico/a del cuore, o più d'uno.
Meglio ancora, in gruppo, oculatamente selezionato, tutti un po' depressi o
depresse. Non è difficile radunarne in questa fine di (lungo) inverno. E'
possibile che qualcuno/a scoppi in lacrime; ma poi si ride, le canzoni
deprimenti e i motivi per cui si ascoltano vanno esorcizzati anche così (a
11 euro e 50, il libro costa meno di qualunque psicoterapia, e poi se gli
autori dopo aver sentito tutta quella roba ne hanno scritto allegramente, la
cura forse funziona, almeno un po').
LE CANZONI
- Buongiorno tristezza (Claudio Villa)
- Ogni volta (Vasco Rossi)
- Un giorno credi (Edoardo Bennato)
- Vecchio frac (Domenico Modugno)
- L'ultimo bacio (Carmen Consoli)
- I giardini di marzo (Lucio Battisti)
- Marmellata # 25 (Cesare Cremonini)
- Sere nere (Tiziano Ferro)
- Fragile (Fiorella Mannoia)
- Incontro (Francesco Guccini)
- Agnese (Ivan Graziani)
- Vincenzina e la fabbrica (Enzo Jannacci)
- La costruzione di un amore (Ivano Fossati)
- La canzone di Marinella (Fabrizio De Andrè)
- Mary (Gemelli DiVersi)
- Una giornata al mare (Paolo Conte)
- Lampada Osram (Claudio Baglioni)
- Come è profondo il mare (Lucio Dalla)
- Fotomodelle un po' povere (Gigi D'Alessio)
- Mentre tutto scorre (Negramaro)
- Un giorno dopo l'altro (Luigi Tenco)
- Nuvole rapide (Subsonica)
- Sassi (Gino Paoli)
- Se io se lei (Biagio Antonacci)
- E dimmi che non vuoi morire (Patty Pravo)
- Quello che le donne non dicono (Fiorella Mannoia)
- Uomini soli (i Pooh)
- In morte di S.F. (Francesco Guccini)
- Amore impossibile (Tiromancino)
- Amore che vieni amore che vai (Fabrizio De Andrè)
- Ricordati di me (Antonello Venditti)
- Poster (Claudio Baglioni)
- Extraterrestre (Eugenio Finardi)
- Bella stronza (Marco Masini)
- Il mare d'inverno (Loredana Bertè, Enrico Ruggeri)
- La donna cannone (Francesco De Gregari)
- Luci a San Siro (Roberto Vecchioni)
- La sedia di lillà (Alberto Fortis)
- Senza luce (I Dik Dik)
- Silvia lo sai (Luca Carboni)
- Non è tempo per noi (Ligabue)
- Ma che freddo fa (Nada)
- La solitudine (Laura Pausini)
- Il carrozzone (Renato Zero)
- Quello che non c'è (Afterhours)
- Perdere l'amore (Massimo Ranieri)
- Se telefonando (Mina)
- A mano a mano (Riccardo Cocciante)
- Gli anni (883)
- Almeno tu nell'universo (Mia Martini, Elisa)
- Giudizi universali (Samuele Bersani)
24 febbraio 2006 (da corriere.it )